TEMATICA

Tra immaginari e miraggi

ARCHITETTURA

La casa nel fienile

LUOGO

Frazione Prinardo, Argentera
Alta Valle Stura
Confine tra Francia e Italia al colle della Maddalena-Argentera-Davide Curatola Soprana

ABOUT

La montagna tra memoria e visione. Il confronto con l’immaginario di un luogo è il filo conduttore che percorre tutti e dieci i territori esplorati. Sono territori in “transizione”, che vacillano tra la memoria di un passato, non troppo lontano, e un presente di rapido cambiamento che richiede una narrazione aggiornata dei luoghi che sono diventati oggi.

Argentera

Italia

Terrazzamenti-Argentera-Grange-Alessandro Guida
Struttura ricettiva incompiuta e parcheggio camper vicino impianti sciistici-Argentera-Alessandro Guida
Strutture ricettiva incompiuta nei pressi degli impianti sciistici-Argentera-Alessandro Guida

TEMATICA

Tra immaginari e miraggi

Borgo abbandonato-Argentera-Grange-Alessandro Guida
Borgo abbandonato-Argentera-Grange-Alessandro Guida
La piazza-Argentera-Davide Curatola Soprana
Edilizia residenziale incompiuta-Argentera-Villaggio Primavera-Alessandro Guida
Edilizia residenziale incompiuta-Argentera-Villaggio Primavera-Alessandro Guida

“L’immaginario della montagna è un immaginario difforme dalla realtà”

Silvia Rovere

Sindaca di Ostana
Edifici rurali ad uso del margaro -Argentera-Prinardo- Isabella Sassi Farìas
La corte comune della Frazione di Prinardo -Argentera- Isabella Sassi Farìas
La corte comune della Frazione di Prinardo -Argentera- Isabella Sassi Farìas
La Casa nel fienile -Argentera-Prinardo- Isabella Sassi Farìas
Una vasca usata come abbeveratoio per gli animali -Argentera-Prinardo- Isabella Sassi Farìas

Il racconto

Nella piccola frazione di Prinardo ad Argentera, la trasformazione di un fienile in una casa per trascorrere le vacanze, diventa l’occasione per recuperare l’uso dei materiali locali e portare un segnale di rinascita su un territorio in cui la comunità è dispersa e ha perso i propri riferimenti.
Si tratta di un territorio in transizione che vacilla tra la memoria di un passato non troppo lontano, di fuga e migrazioni; il miraggio di uno sviluppo economico e territoriale mai compiuto – testimoni gli scheletri di cemento frutto di un’economia turistica che ha prodotto sogni di sviluppo allontanandosi dalle specificità del luogo; e poi il presente, che sembra un tempo sospeso, dove una comunità demograficamente impoverita e isolata, diventa incapace di immaginare un futuro condiviso.

Riconquista
culturale e politica

ARCHITETTURA

Borgata Paraloup

LUOGO

Rittana
Valle Stura

TEMATICA

Tra immaginari e miraggi

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La casa nel fienile

LUOGO

Frazione Prinardo, Argentera, Alta Valle Stura
Confine tra Francia e Italia al colle della Maddalena-Argentera-Davide Curatola Soprana

ABOUT

La montagna tra memoria e visione. Il confronto con l’immaginario di un luogo è il filo conduttore che percorre tutti e dieci i territori esplorati. Sono territori in “transizione”, che vacillano tra la memoria di un passato, non troppo lontano, e un presente di rapido cambiamento che richiede una narrazione aggiornata dei luoghi che sono diventati oggi.
Terrazzamenti-Argentera-Grange-Alessandro Guida
Struttura ricettiva incompiuta e parcheggio camper vicino impianti sciistici-Argentera-Alessandro Guida
Strutture ricettiva incompiuta nei pressi degli impianti sciistici-Argentera-Alessandro Guida

TEMATICA

Tra immaginari e miraggi

Borgo abbandonato-Argentera-Grange-Alessandro Guida
La piazza-Argentera-Davide Curatola Soprana
Edilizia residenziale incompiuta-Argentera-Villaggio Primavera-Alessandro Guida
“L’immaginario della montagna è un ‘immaginario difforme dalla realtà”

Silvia Rovere

Sindaca di Ostana
Edifici rurali ad uso del margaro -Argentera-Prinardo- Isabella Sassi Farìas
La corte comune della Frazione di Prinardo -Argentera- Isabella Sassi Farìas
La corte comune della Frazione di Prinardo -Argentera- Isabella Sassi Farìas
La Casa nel fienile -Argentera-Prinardo- Isabella Sassi Farìas
Una vasca usata come abbeveratoio per gli animali -Argentera-Prinardo- Isabella Sassi Farìas

Il racconto

Nella piccola frazione di Prinardo ad Argentera, la trasformazione di un fienile in una casa per trascorrere le vacanze, diventa l’occasione per recuperare l’uso dei materiali locali e portare un segnale di rinascita su un territorio in cui la comunità è dispersa e ha perso i propri riferimenti.
Si tratta di un territorio in transizione che vacilla tra la memoria di un passato non troppo lontano, di fuga e migrazioni; il miraggio di uno sviluppo economico e territoriale mai compiuto – testimoni gli scheletri di cemento frutto di un’economia turistica che ha prodotto sogni di sviluppo allontanandosi dalle specificità del luogo; e poi il presente, che sembra un tempo sospeso, dove una comunità demograficamente impoverita e isolata, diventa incapace di immaginare un futuro condiviso.

Riconquista culturale e politica

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Borgata Paraloup

LUOGO

Rittana, Valle Stura

La casa nel fienile

Tra immaginari e miraggi. Un conflitto tra memoria del passato e il presente, tra una rappresentazione (forse sorpassata e difficile da abbandonare) e la realtà contemporanea

1

Nuto Revelli, Il mondo dei vinti, Ed. Einaudi

2

3

4

Aisone, Argentera, Borgo San Dalmazzo, Cervasca, Demonte, Gaiola, Moiola, Pietraporzio, Rittana, Roccasparvera, Sambuco, Valloriate, Vignolo e Vinadio

5

Nogué, J. (2006). In: Questo è paesaggio. 48 definizioni, Franco Zagari. Ed. gruppo Mancosu

Il colle della Maddalena, a 1996 m s.l.m., si trova nelle Alpi Occidentali, tra Italia e Francia, segnando il passaggio tra le Alpi Marittime e le Alpi Cozie, e unisce la valle Stura di Demonte con la Valle dell’Ubaye. Questo territorio è sempre stato una terra di passaggio, dalle vocazioni molto nette e forti: lo sci, la dimensione transfrontaliera e le sorgenti dell’acqua Sant’Anna. Negli ultimi decenni però, queste risorse sono rimaste sullo sfondo di uno scenario che man mano andava mutando necessitando una progettualità organica e onnicomprensiva capace di metterle a sistema per creare dinamiche positive e di lungo termine. “Progettualità che però è venuta a mancare”, spiega l’architetto Dario Castellino quando ci introduce il territorio prima della nostra visita.  

L’ultima località della valle è Argentera composta da 8 frazioni distribuite su un territorio che si sviluppa intorno ai 1684m di quota. Unica stazione sciistica ancora attiva durante la stagione invernale, è stata profondamente segnata dal boom degli anni ‘70-‘80 con imponenti lottizzazioni e molti interventi di sviluppo mai ultimati. Negli ultimi anni soffre un processo di abbandono diffuso e viene dimenticata. Caratterizzata da un abitato molto disperso, sono ancora più evidenti le conseguenze di una curva demografica che non aveva mai raggiunto i valori di questi anni. 1158 abitanti nel 1861, il comune oggi ne conta 77, di cui molti presenti soltanto durante la stagione estiva. “Una comunità sfaldata, che ha perso i propri riferimenti”, ci dicono Fabrizio e Irene, i proprietari di casa. “Quello che rimane di una collettività frammentata che si è persa a partire dal secondo dopoguerra, perché è scesa a valle o è emigrata in Francia. Chi è andato via, era chi aveva idee e coraggio”, si diceva. 

A monte dell’abitato di Argentera, si trova la frazione Grange, una borgata ormai ridotta ad un ammasso di ruderi e la memoria va a Nuto Revelli¹ che qui aveva incontrato le due sorelle nel 1977, ultime temerarie e solitarie abitanti sopravvissute ad un esodo senza ritorno. Poi il nucleo storico di Argentera, le case allineate a bordare la linea curva della strada. Tetti in lamiera e scuri serrati. L’ultimo abitante è il vecchio sindaco del paese. Poi Bersezio, il nucleo più consistente, la vita nei campi, un orto, c’è il brusio di fondo della comunità operosa. Tutto intorno, i segni dei terrazzamenti e dei muretti di pietra che disegnano piccoli appezzamenti di prato dopo la rimozione delle pietre sul versante esposto a sud. “Ancora fino al 68 si produceva orzo, segale, lenticchie, fienagione, patate” ricorda Germano che abita in una delle borgate più a valle, Serre. “Non c’erano gli alberi che si vedono oggi, tutto era coltivato”. Ora il bosco arriva a lambire il fiume e scorgiamo il parcheggio per i caravan e l’area camping a ridosso degli impianti da sci. Sul lato opposto quello che deve essere stato un miraggio; le forme imponenti, cemento armato e forme geometriche. Un edificio mai terminato che domina lo spazio, un simulacro solitario del boom economico che ha investito questo territorio. Non è il solo. Appaiono dopo una curva, poco oltre il ‘Villaggio Primavera’, nato negli anni successivi, sulla scia di una politica di accoglienza legata al turismo stagionale: è una lottizzazione di villette che affianca la strada. Senza tempo, sono scheletri di cemento e mattoni a vista, frutto di un progetto speculativo risalente alla medesima epoca. “Sono ancora sotto sequestro”, ci racconta la sindaca, che vorrebbe acquisirli e candidarli alla demolizione attraverso il ‘bando distruzione’ della fondazione CRC² (Cassa di Risparmio di Cuneo).

E infine arriviamo a Prinardo, ancora oggi una piccola borgata rurale: adiacente al fiume Stura è formata da una quindicina di case raccolte attorno alla cappella di Santa Maria Maddalena e alla canonica, da sempre la casa di una famiglia di margari. 

Ormai è una piccola comunità che si ritrova d’estate. Molti erano scesi a valle, e altri emigrati in Francia. La borgata è un luogo di appartenenza per i proprietari che vi hanno passato le vacanze da ragazzi. Il fienile, annesso alla chiesa è un edificio che hanno comprato per amore del luogo. Il volume, trasformato in una casa unifamiliare all’interno della piccola frazione, diventa l’occasione per recuperare l’uso dei materiali locali e portare un segnale di rinascita sul territorio.  Un esempio per la riqualificazione di altre proprietà che “ha portato un occhio nuovo verso gli interventi di recupero e di valorizzazione dell’architettura locale aggiornando un immaginario ormai desueto e colmando di senso un luogo a lungo dimenticato” racconta l’architetto Dario Castellino, progettista in questo intervento.

Non lontano, e posta a mezza costa sul sentiero che si inerpica, c’è ancora la piccola frazione di Serre, e poco più in alto, abbarbicata sulle rocce, Severagno [Servagno], un’antica borgata in cui è possibile leggere i volumi nei perimetri dei muri ancora solidi costruiti con la pietra su cui si faceva colare il gesso. “Si saliva e scendeva tutto il giorno”, dice ancora Germano, “e si faceva il fieno raccolto in fasci. Vi abitavano in 45 finché, durante una rappresaglia nazista nel 1944, è andata distrutta.” Lui è del 1941 ed è nato a Serre, nella casa in cui sediamo oggi. Nel 1968, di malavoglia, si trasferisce a Torino per lavorare alla Fiat. Quell’anno arriva la strada a collegare anche le ultime borgate della Valle Stura al fondo valle. Lui, quell’anno, si è porta via tutta la famiglia, genitori e fratelli. Ma non hanno mai abbandonato Serre. L’estate l’anno sempre trascorsa lì. 

Questo è un territorio in transizione che vacilla tra la memoria di un passato non troppo lontano, di fuga e migrazioni; il miraggio di uno sviluppo economico e territoriale mai compiuto – ne sono testimoni gli scheletri di cemento frutto di un’economia turistica dominante, che ha imposto la direzione di crescita e prodotto sogni di sviluppo allontanandosi dalle specificità del luogo; e  poi il presente, che sembra un tempo sospeso, dove una comunità demograficamente impoverita, e isolata, diventa incapace di immaginare un futuro condiviso

“L’immaginario della montagna è un ‘immaginario difforme dalla realtà” osserva la sindaca di Ostana. È vero che il contesto ambientale è sempre lo stesso, però la montagna che cresce e va avanti, che si ripopola e crea opportunità, è quella giovane, innovativa, che rompe gli schemi’. Per questo credo, ‘l’immaginario della montagna’ viene disatteso. E da qui nasce il conflitto tra rappresentazione e realtà.” 

Il confronto tra la memoria di un luogo e la sua cristallizzazione nel tempo, e la sua attuale rinascita, passa anche attraverso la metabolizzazione di una narrazione dei territori alpini che va aggiornata e eventualmente sostituita. Abitare oggi la montagna richiede la stessa tenacia e la stessa fatica di una volta, perché rimane un ambiente ostile, difficile, aspro. I valori della cultura montanara, il senso del limite, l’uso dei materiali locali, la solidarietà, la cura del territorio, la condivisione delle risorse, la flessibilità, l’adattamento e la stagionalità delle mansioni, rimangono attuali, ancora di più oggi che stiamo esplorando nuove forme di ritorno alla montagna fondate sull’ecologia e la sostenibilità territoriale. “Il sistema regoliero traduceva in contenuti concreti la sostenibilità ambientale facendo appello al buon senso ed alla saggezza degli antichi saperi. Dalla loro perdita discendono gli squilibri generati dall’eccessivo sfruttamento indotto dalle logiche speculative del profitto da un lato e da un centralismo burocratico dall’altro. [..] Dobbiamo allora riflettere sull’importanza di recuperare la storia nel senso di una tradizione che non sia passatismo. La tradizione è l’innovazione riuscita, che è giunta fino a noi”, sostiene l’antropologo Annibale Salsa³.

(I valori della montagna) “sono valori forti che se rivisti, e aggiornati al tempo presente, sono la forza della sua rinascita. La montagna era una società autarchica: ci si adattava a fare un po’ di tutto e nei periodi in cui non c’era nulla da fare si andava via [..] Ora, tornare a quella filosofia di vita, vuol dire essere astorici” chiarisce ancora la sindaca di Ostana (Silvia Rovere) “chi oggi è deluso e si oppone al cambiamento, non capisce che i tempi, per fortuna, sono cambiati. Oggi la montagna può offrire una nuova opportunità. Bisogna però vederla.Guardarsi per capire dove siamo arrivati e dove si vuole andare insieme. 

Nella borgata di Campofei, vicino alla Valliera, in valle Grana, c’è una casa che è stata recuperata riproducendo il mondo contadino che l’ha abitata fino a pochi decenni fa. Quando se ne varca la soglia si torna indietro nel tempo al giorno in cui è stata abbandonata, a quel mondo rurale alpino che l’ha prodotta. È la ricostruzione di un focolare domestico che restituisce la memoria storica di quel luogo. Un’immagine che rientra nell’immaginario collettivo della montagna contadina. 

Il confronto con l’immaginario di un luogo è forse il filo conduttore di questo lavoro che ha cercato di portare una riflessione sui cambiamenti che stanno agendo sul paesaggio culturale delle alpi: nuove forme di abitare, nuove comunità progettanti, nuove economie, nuovi modi di guardare la montagna e di intendersi cittadini delle Alpi oggi. 

L’unione montana della Valle Stura è composta da 14 comuni⁴. Il territorio è imprenditoriale, ci dice Manuel Loris, presidente dell’Unione. “C’è un patrimonio culturale, ambientale, storico e paesaggistico. Ci sono aziende agricole e artigianali, falegnami e cavatori di lose e ancora una cultura mineraria importante. E poi c’è il turismo, che si inserisce come opportunità da integrare alle risorse del luogo. Ma bisogna sistematizzare queste risorse endogene e arrivare a formulare una nuova gestione del territorio partendo da un riconoscimento di queste specificità”.

Questa operazione di consapevolezza richiede una rappresentazione aggiornata della realtà presente, per poter trovare un terreno comune di confronto e progettualità. 

Joan Nogué, geografo, ci ricorda che “il paesaggio muore quando non siamo capaci di sostituire un immaginario con un altro. I paesaggi cambiano, evolvono, ma mantengono la sequenza storica che li ha definiti, quindi è lecito, anzi, necessario, intervenire quando si attiva un processo di attesa e cambiamento. Quando il paesaggio abbandona il proprio immaginario e non si è in grado di cambiarlo, in quel momento, muore.”⁵

“Quando muore un immaginario, bisogna crearne un altro”, conclude il nostro interlocutore.