TEMATICA

La montagna produttiva

ARCHITETTURA

Stalla

LUOGO

Borgata Roccia, Sampeyre
Val Varaita
Alpeggio- Sampeyre- Vallone Infernet- Alessandro Guida

ABOUT

Ri-abitare i territori alpini impone un ripensamento della loro dimensione produttiva. I nuovi montanari che tornano ad abitare le Alpi portano un’idea di sviluppo della montagna fondata su una nuova abitabilità del territorio: valorizzazione del patrimonio agricolo e riscoperta delle risorse e dei saperi locali per reimpiegarli e riadattarli al tempo presente.

Sampeyre

Italia

Motocicletta del pastore - Sampeyre- Vallone Infernet- Alessandro Guida
Ruderi- Sampeyre- Vallone Infernet- Alessandro Guida
Il torrente e il limite tra le aree del pascolo- Sampeyre- Vallone Infernet- Davide Curatola Soprana
Il torrente e il limite tra le aree del pascolo- Sampeyre- Vallone Infernet- Davide Curatola Soprana
Roccia Villaretto vista da Foresto-Sampeyre- Foresto- Alessandro Guida
La chiesa e il paesaggio in pendenza- Sampeyre- Foresto- Davide Curatola Soprana

TEMATICA

La montagna produttiva

Taglio del fieno- Sampeyre- Roccia Villaretto- Alessandro Guida
"Il lavoro è molto faticoso ma c’è la libertà e l’autodeterminazione"

Flavio

Allevatore
Vigna nuova Sampeyre -Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
La Stalla e gli attrezzi di lavoro -Sampeyre Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
Vista sulla Stalla -Sampeyre Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
L'interno della Stalla -Sampeyre Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
Segheria -Sampeyre- Brossasco- Alessandro Guida

Il racconto

La costruzione di una stalla nella Frazione Roccia di Sampeyre (18 abitanti in un comune di 1024 persone), in Val Varaita. Una coppia di giovani sceglie questo sito per costruire un nuovo spazio per la loro attività agricola. La stalla, rivestita in legno di larice locale, si innesta nel sistema produttivo e costruisce paesaggio.
La stalla diventa l’occasione per esplorare la dimensione produttiva nei territori delle Alpi: dalla cura quotidiana del territorio, la pulitura dei boschi di frassino, dei sentieri e delle mulattiere intorno alle borgate, fino alla tessitura dei fili di delimitazione dei pascoli durante la stagione della transumanza e all’utilizzo del legno come materiale costruttivo, tagliato e lavorato nelle falegnamerie della valle.

Nuove comunità progettanti

ARCHITETTURA

Lou Pourtoun

LUOGO

Ostana
Valle Po

TEMATICA

La montagna produttiva

ARCHITETTURA

Stalla

LUOGO

Borgata Roccia, Sampeyre, Val Varaita
Alpeggio- Sampeyre- Vallone Infernet- Alessandro Guida

ABOUT

Ri-abitare i territori alpini impone un ripensamento della loro dimensione produttiva. I nuovi montanari che tornano ad abitare le Alpi portano un’idea di sviluppo della montagna fondata su una nuova abitabilità del territorio: valorizzazione del patrimonio agricolo e riscoperta delle risorse e dei saperi locali per reimpiegarli e riadattarli al tempo presente.
Motocicletta del pastore - Sampeyre- Vallone Infernet- Alessandro Guida
Ruderi- Sampeyre- Vallone Infernet- Alessandro Guida
Il torrente e il limite tra le aree del pascolo- Sampeyre- Vallone Infernet- Davide Curatola Soprana
Roccia Villaretto vista da Foresto-Sampeyre- Foresto- Alessandro Guida
La chiesa e il paesaggio in pendenza- Sampeyre- Foresto- Davide Curatola Soprana

TEMATICA

La montagna produttiva

Taglio del fieno- Sampeyre- Roccia Villaretto- Alessandro Guida
"Il lavoro è molto faticoso ma c’è la libertà e l’autodeterminazione"

Flavio

Allevatore
Vigna nuova Sampeyre -Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
La Stalla e gli attrezzi di lavoro -Sampeyre Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
Vista sulla Stalla -Sampeyre Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
L'interno della Stalla -Sampeyre Borgata Roccia- Isabella Sassi Farìas
Segheria -Sampeyre- Brossasco- Alessandro Guida

Il racconto

La costruzione di una stalla nella Frazione Roccia di Sampeyre (18 abitanti in un comune di 1024 persone), in Val Varaita. Una coppia di giovani sceglie questo sito per costruire un nuovo spazio per la loro attività agricola. La stalla, rivestita in legno di larice locale, si innesta nel sistema produttivo e costruisce paesaggio.
La stalla diventa l’occasione per esplorare la dimensione produttiva nei territori delle Alpi: dalla cura quotidiana del territorio, la pulitura dei boschi di frassino, dei sentieri e delle mulattiere intorno alle borgate, fino alla tessitura dei fili di delimitazione dei pascoli durante la stagione della transumanza e all’utilizzo del legno come materiale costruttivo, tagliato e lavorato nelle falegnamerie della valle.

Nuove comunità progettanti

ARCHITETTURA

Lou Pourtoun

LUOGO

Ostana, Valle Po

Una stalla

La montagna produttiva

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Antonio De Rossi e Laura Mascino, ‘Valades ousitanes, architettura e rigenerazione’, ArchAlp 4/2020

Sicuramente un tema chiave di questa ricerca è stata l’esplorazione della dimensione produttiva nei territori delle Alpi: la rigenerazione delle terre agricole, la cura del territorio, l’innovazione dei modelli economici e gli approcci che partono dalla valorizzazione delle risorse locali. In Val Varaita, a Sampeyre, il cuore dell’indagine fotografica è la realizzazione di una stalla progettata con l’allevatore dallo studio Amùn, o Amoun, che in occitano significa ‘a monte, lassù’ ma è anche un’acronimo “Architettura Montagna Uomo Natura” Per questo Barbara, decide di portarci in alto, seguendo il torrente Milanesio, in quel luogo conosciuto dai locali come il vallone dell’Infernet (2400m) appena sotto la punta Rasciassa (2664m), sullo spartiacque tra la Val Varaita e la Valle Po. 

Lassù, in mezzo alle nuvole, ci sono le mucche che il suo compagno Flavio ha condotto qui in quella che è l’ultima tappa dell’ascesa verso l’erba più fresca. Nel periodo della transumanza, da aprile a fine ottobre, Flavio sposta i suoi capi in una paziente ascesa dalla stalla a stabulazione libera nei pressi di borgata Roccia, a 1100m, prosegue a Foresto (1200m), poi a San Chiaffredo a 1300m, a Champaneis a 1500m per raggiungere i pascoli più alti in luglio. Il percorso si legge nei segni sul terreno. È una tessitura: paletto dopo paletto, Flavio disegna quotidianamente i confini mobili del pascolo. Ogni giorno, lascia la motocicletta poco oltre la Madonna della neve e percorre a piedi i viol (sentieri) dell’altopiano fino al vallone di Infernet, “un tempo luogo di miniere di rame, ferro, amianto e geodite” ci racconta Barbara mentre camminiamo in salita. Ancora oltre, dove il terreno si fa ripido e raggiunge la cresta, ci sono le loro mucche. 50 capi di razza piemontese. Allevamento biologico. La carne viene distribuita in vendita diretta tramite un gruppo d’acquisto e parte dei vitelli vengono conferiti ad una cooperativa agricola biologica “Valli Unite” a Costa Vescovado (AL) per la trasformazione e la vendita. 

“È un lavoro massacrante” ci dice Flavio che non è di qui, ma ha scelto di venire a viverci con la famiglia e scommettere sulle risorse agricole di questo territorio. C’è la libertà delle proprie scelte ma c’è anche la responsabilità e l’autodeterminazione che condivide con Carlo, il montanaro che abbiamo conosciuto a Prinardo, e soprattutto la fatica quotidiana che condividono tutti coloro che abitano le terre alte. 

Appena il tempo di spostare i fili e ridisegnare lo spazio del pascolo, e Flavio torna a Roccia, alla stalla, dove nei prati vicini si sta occupando del taglio del fieno. Ripercorre il percorso a ritroso, tra le borgate, Champaneis, Barmalolmo, Foresto, Villar dove lavorano anche alcuni produttori di piccoli frutti, gli ultimi veri manutentori del paesaggio. 

Il versante su cui si muove Flavio, posto sulla sinistra orografica, è il versante solativo, adrech, dove i pascoli sono più diffusi e la pendenza è più dolce; su questo fronte, si facevano crescere il faggio ed il frassino, entrambi utilizzati come legna da ardere. Il versante esposto a nord, ubac, è caratterizzato da versanti scoscesi e boschi di larice, legno utilizzato per la costruzione. 

Flavio e Barbara non hanno grandi terreni da pascolo di proprietà. Hanno faticosamente acquistato alcune piccole parcelle di terreni abbandonati, li hanno ripuliti dal bosco vicino alla stalla e producono fieno. Il sogno di Flavio è recuperare altro terreno agricolo e avviare una vigna.  Loro abitano a Roccia, a pochi passi dalla stalla. 18 abitanti tutto l’anno. Sono montanari di ritorno, con un alto livello di scolarizzazione, ricercatori, professionisti, che con nuovi progetti imprenditoriali decidono di trasferirsi nelle Alpi. Barbara è nata lì, e dopo gli studi e il lavoro lontano, decide di tornare a Roccia. È architetto e con Enrica Paseri, bioarchitetto, affrontano i progetti in montagna, insegna in Francia, è madre, gestisce un’associazione culturale e aiuta il compagno nelle attività agricole.

La stalla rivestita in legno di larice nasce come manufatto per uso produttivo, dove l’organizzazione dello spazio segue le logiche del lavoro agricolo in un rapporto di trasformazione reciproca tra interno e esterno a seconda delle esigenze produttive e la stagionalità. Si innesta nel sistema produttivo locale e costruisce paesaggio: dalla cura quotidiana del territorio, la pulitura dei boschi di frassino tutt’intorno e dei sentieri e delle mulattiere che attraversano le borgate fino alla tessitura dei fili di delimitazione dei pascoli durante la stagione della transumanza e all’utilizzo del legno come materiale costruttivo. 

(I nuovi montanari) stanno cercando un modello, il giusto equilibrio tra sostenibilità economica e valorizzazione territoriale, partendo dalla riscoperta delle risorse endogene anche i nuovi pionieri alpini di Valliera: Paolo Ornato è un architetto, Claudio Conterno e Elisa Fantino produttori di vini in Bassa Langa, Oscar Benessia e la sua famiglia coltivano aglio a Caraglio e lo conservano a 1500m di quota. La scommessa di questo territorio è ricominciare la produzione di Castelmagno d’alpeggio associandola al recupero del sistema abitato e coniugando l’azienda agricola con la valorizzazione della montagna come destinazione turistica dolce, luogo di storia e cultura alpina. 

Il Castelmagno è soggetto ad un disciplinare molto severo. Per la composizione dei terreni, si produce solo in Valle Grana, nei territori di Monterosso Grano, Pradleves e Castelmagno. Per questo la logistica della produzione che prevede alpeggi ai 2000m di quota si è, fin da subito, rivelata molto complicata. Perché il progetto potesse partire, era necessario far salire gli automezzi con le gru e le attrezzature di cantiere, per cui affrontare il tema dell’accessibilità al sito è stata una priorità. Il consorzio di proprietari (oggi 25 persone) è responsabile della manutenzione della strada che raggiunge la Valliera, ma soprattutto si è occupato della costruzione di una nuova via che sale verso gli alpeggi e spezza la pendenza dei pascoli.

Oggi la borgata è abitata solo d’estate, e se nevica molto, significa solo tre mesi l’anno. Un tema di discussione è come renderla accessibile: ‘è difficile presidiare la montagna e creare continuità nelle strategie territoriali se non ci sono i collegamenti verso e tra le borgate’. Questo rimane una questione sostanziale se si vuole superare l’isolamento e la segregazione sociale ed economica di molti territori montani e rurali. 

Carlo è di Mondovì, ma da quando e nato, passa il periodo della transumanza a Prinardo, nel comune di Argentera, Alta Valle Stura. Anche lui, come i suoi genitori è un allevatore di mucche da carne. Lui è uno di quelli che ha un legame storico, famigliare, con il territorio, e ha deciso di portarlo avanti. Ci racconta che oggi sono in cinque allevatori. Tutti di fuori. Parliamo di circa 1350 capi che pascolano sul territorio di Argentera durante il periodo estivo. Vendono da Saluzzo, da Chiusa di Pesi e da Mondovì. Sono tutti giovani, tra i 20 e 30 anni. 

Carlo si occupa del bestiame da quando ha terminato la scuola di agraria. Tutti loro hanno la determinazione di chi ha fatto una scelta. ‘È un lavoro faticoso. Gli animali sono sempre al pascolo all’esterno durante tutto il periodo estivo. La mandria si disperde. E questa è una montagna molto scomoda. Dobbiamo portare su gli animali a piedi. Ora sono sopra i 2500 m. Ci metto un’ora e mezza tutti i giorni a raggiungerli. Se vado in moto faccio più in fretta. È faticoso, ma mi sento più libero e più responsabile. Anche loro, come Flavio a Roccia, sono i manutentori del territorio. Se non ci fossero i margari che puliscono i prati, e tengono puliti i pascoli, ci sarebbe pericolo di incendi” ci dice Germano che abita a Serre, una piccola frazione di Argentera. 

Individui che esplorano e rinnovano risorse e saperi del territorio per reimpiegarli e riadattarli al tempo presente. Silvia Rovere, la nuova sindaca di Ostana è convinta che si possa sviluppare in montagna un’economia sostenibile capace di stare in piedi da sola. E lei stessa lo dimostra. Si occupa di creare una rete di produttori del territorio per sviluppare un’economia locale a filiera corta e in particolare esplora una collaborazione intervalliva con il birrificio Kauss di Piasco, in Val Varaita. Sul suo territorio l’orto di Ostana di Serena Giraudo sta sperimentando la produzione di alcuni cereali. La segale sembra rispondere meglio di tutti. Per questo la sindaca, propone alla Kauss un progetto di produzioni di birra alpina fatta utilizzando la segale prodotta a Ostana. Nasce la 3841, una birra che si vende solo nei rifugi alpini oltre i 1000m.

Sono i nuovi montanari che tornano ad abitare le Alpi”. Giovani e meno giovani, “portano un’idea di sviluppo della montagna fondata non più solamente sul turismo, ma su una nuova abitabilità del territorio, in cui i temi della rigenerazione sociale a base culturale, della nuova agricoltura, della riattivazione dei patrimoni, della costruzione di nuove forme di economia e di welfare giocano un ruolo determinante”, osservava Antonio De Rossi in un articolo uscito questa estate su Arch Alp¹.